venerdì 31 dicembre 2010

Un sogno di gallina

UN SOGNO DI GALLINA

Una gallina fece un sogno.
Ma com'è fatto
un sogno di gallina?
E' bianco, tondo, rigido;
non proprio tondo,
tondo, ma allungato.
Appena l'ebbe fatto
glielo presero.
Volevano lessarlo
farlo fritto
seppellirlo in un mucchio di farina
lo volevano sbattere, affettare
quel sogno di gallina.
Ma chi l'aveva preso
inciampò:
il sogno cadde
e infranto
si spappolò
disteso
sulla soglia della cucina.
Ah, com'è fragile
un sogno di gallina

ROBERTO PIUMINI
tratto dal libro TANTE POESIE

Ultimo giorno di questo ventielasuametà.
Tutti pronti per fare l'inventario, come ogni magazzino che si rispetti, e in prima fila a esprimere desideri, come  nella notte delle stelle cadenti.
Non mi piace fare bilanci, non mi vengono mai i conti.
Vivo le entrate e le uscite di ogni giorno senza pensare se sono in attivo in passivo o in pareggio.
Non mi piace esprimere desideri, temo la disillusione.
Forse preferisco i  sogni, che, come canta giustamente cenerentola,  sono desideri chiusi in fondo al cuore ...
e lì  si fermano, senza la pretesa di essere riconosciuti e legittimati.
Mi piacerebbe tornare bambina per tornare a covarne, come quella gallina, ma scaccerei a suon di beccate chi s'avvicinasse per derubarmene e farne frittata.




martedì 28 dicembre 2010

a ciascuno la sua dipendenza (infinite jest 3)

La cosa che più mi affascina del mattone è l'argomento dipendenza, di cui il libro è intriso fino al midollo.

domenica 26 dicembre 2010

i natali passati

Il giorno di Natale è un giorno dedicato alla pace.

venerdì 24 dicembre 2010

auguri con i profeti del nostro tempo

Diciamo no al decadente e ripetitivo tango di regali, e diciamo sì ad un consumo critico, al regalo fatto in casa con amore e con le proprie mani, o a quello equo e solidale di lavoro fatto "in dignità".

Diciamo no alla stupida pervasività televisiva
e diciamo sì alle relazioni umane in famiglia, ritornando a raccontarci gioie e dolori e a riprendere confidenza con l'immaginario, la fiaba prendendo a cuore anche la bellezza del celebrare insieme il fascino del Natale.
Diciamo no alla violenza e alla guerra e diciamolo con fierezza, e diciamo sì alla pace e alla nonviolenza con evidenza mettendo bandiere arcobaleno ai nostri balconi e camminando con uno "straccetto bianco di pace".
Solo così il Natale ritornerà ad essere la festa della vita che farà rifiorire la speranza di un altro mondo possibile.
Coraggio, dunque, ci può ancora essere un Buon Natale!
Alex Zanotelli

martedì 21 dicembre 2010

invito alla lettura

Di mattina buon'ora, verso le sei, le cose cominciano ad andare subito di traverso: appena giù dal letto io non trovo il reggiseno e mio marito il maglione della divisa, quello con la Fodera Interna Antifreddo (mettine uno nuovo- no, voglio mettere quello vecchio- ahhhh!!! ); il cancello elettrico non risponde agli ordini del telecomando; quindici minuti più tardi il camion della spazzatura sta ritirando i sacchi proprio nella strada dove abitano i miei, quindi lascio la macchina in fondo alla strada, ma non troppo lontano perchè sennò poi a papi gli viene l'affanno, e nel tempo che mi occorre per prelevare lui, la cartelletta medica, gli occhiali, il borsellino e il cappello il camion della SILEA arriva in fondo alla strada e la mia macchina corre il rischio di essere trattata alla stregua di un secchiello dell'umido;
Pur con qualche piccolo inconveniente alle sette meno un quarto io e papi siamo già sulla statale, diretti all'ospedale per il solito controllo emo.
Ascolto la radio, ascolto papà, rincorro i miei pensieri: devo ricordarmi di chiamare l'otorino verso le 10, per un'emergenza oto di Daphne; ieri la dottoressa non poteva vederla e mi ha dato il numero di cellulare così da contattarla stamattina ... miseria miseria cazzo di una miseria ho dimenticato a casa il numero! Chiamo mia figlia, è appena partita, per la mia stessa destinazione ma mezz'ora dopo, così si becca tutto il traffico dell'ora di punta. Dice che torna a casa a prenderlo e mi manderà un messaggio con quel mannaggia di numero e mannaggia anche allababbeacheseloscorda.
Un'ora più tardi sono seduta al tavolino del solito bar del solito ospedale, davanti al mio solito pà, intento a consumare con il suo tipico gusto fanciullesco il solito rito della colazione post-prelievo: solito cappuccio, solita treccia all'uvetta.
Che caos, qui è sempre ora di punta, peggio della statale ore setteetrenta. Poco fa è entrato il suo cardiologo, se ci vede mi chiede come va e gli devo riassumere la situazione clinica ... uhh!! Io temo gli interrogatori medici su questo paziente: c'è sempre qualche dato che mi sfugge. (nel frattempo, terminata la colazione, il suddetto paziente sta facendo il controllo-peso delle donne presenti nel bar)
E poi adesso non ho tempo di pensare al cardiologo, ho in sospeso QUEL numero. Controllo il cellulare. Un messaggio mi informa che è in arrivo un invito alla lettura, lo voglio o lo rifiuto?
Ma che cavolo di novità è questa? Un invito alla lettura??? Si tratta di sicuro del numero che mi serve, per cliccare sul sì basterà schiacciare il pulsante destro ... vuuuuuuup, tutto svanito. Scomparso l'invito alla lettura, volatilizzato QUELL' ipotetico numero. Perfetto.
Sono le otto e dieci, Ginocchio prende il treno alle 8 e 30, ("porcatroia, perchè io non devo mai avere la macchina?") ... sarà già partito? E' la mia voce a rispondermi: non siamo in casa, lasciate un messaggio ... forse è in casa ma non risponde, forse si sta lavando i denti, gli lancio un appello, è l'ultima speranza, un lumicino di speranza, ... che si spegne subito.
Adesso che faccio? Quando sollevo lo sguardo dal cellulare traditore, mi si profila davanti una donna con i capelli rossi e gli occhiali verdi: sta appoggiando la tazza del caffè sul tavolino, ma poi se lo sorseggia in piedi. E' vestita in modo vistoso, a prima vista mi dà l'idea di appartenere al genere: donna vulcanica. C'è un incrocio di sguardi ... non può essere ... non può essere proprio lei ... noooo... siiiii.... vaaaaiii...... è lei, è la dottoressa della quale sto disperatamente e inutilmente recuperando il numero di telefono!
Quando una giornata inizia di traverso, ... poi capita che il vento cambi direzione!
... Sempre che non si stia a guardare troppo per il sottile, tipo la grattuggiata allo specchietto durante la retro causata dal cancello elettrico ancora reticente. Una sottile grattuggiata, quasi una spolverata. Una carezza, direi.
Sto studiando la tattica migliore: confessare subito, ai maschi della famiglia, o fare finta di niente e aspettare che se ne accorgano, per poi rispondere con nonchalance: "Quale? Dove? Quel piccolo graffietto? Ah... sì, devo essere stata io. Mi pare di aver sfiorato la casa della signora Peppa, un giorno, tanto tempo fa, ve ne siete accorti solo ora?

24 novembre 2010

venerdì 17 dicembre 2010

tratto da infinite jest

[...] Che un paradosso poco menzionato della dipendenza da una Sostanza è il seguente: una volta che siete così schiavi di una Sostanza da doverla abbandonare per salvarvi la vita, la Sostanza schiavizzante è diventata per voi così profondamente importante che uscirete di senno quando ve la porteranno via. Oppure che a volte, dopo che la vostra Sostanza vi è stata portata via per salvarvi la vita, mentre siete inginocchiati per le preghiere obbligatorie della mattina o della sera, vi troverete a pregare perché vi sia consentito di perdere letteralmente il senno, di avvolgere la vostra mente i un vecchio giornale e lasciarla in un vicolo a cavarsela senza di voi. [...]
Che oltre il cinquanta per cento delle persone con una dipendenza da Sostanza è contemporaneamente affetto da qualche altra forma di disturbo psichiatrico. [...]
Che la validità logica di un argomento non ne garantisce la verità. [...]
Che è possibile abusare fino all'assuefazione di antinfluenzali e antistaminici da banco. [...]
Che esiste una cosa come la cruda, incontaminata, immotivata gentilezza
.
Che la maggioranza delle persone con una dipendenza da Sostanza è anche dipendente dal pensare, nel senso che ha un rapporto compulsivo e insano con il proprio pensiero. [...]
Che ci vuole un grande coraggio per dimostrarsi deboli.
Che per qualche perversa ragione, è spesso più divertente desiderare qualcosa che averlo.
Che è consentito VOLERE.

David Foster Wallace, infinite jest

giovedì 16 dicembre 2010

esame di linguistica

Dafne è molto delusa del risultato dell'esame di linguistica.
"Ieri sera eri angosciata all'idea di non riuscire a passarlo, stasera devi essere contenta di averlo passato, chissefrega del 21", la consolo.
L'ho vista studiare testi sterili dopo una giornata di lavoro, prendere appunti, stendersi sul divano dopo cena a leggere la cognizione del dolore di gadda, che dopo averne lette due pagine a me è venuta tutta insieme, quella cognizione lì: la cognizione di un dolore da rottura di palle.
Nella prima parte dell'esame l'assistente le dà 25, ma quando arriva il turno del prof cominciano i guai. "Mi spieghi come si è evoluta la e tonica latina"
"E' diventata una i"
"Mmmmmm????"
"Una o?"
"Mmmmmm????" "Ci vediamo la prossima volta, signorina"
"Come, la prossima volta, nooo!!! Scusi, ma non può farmi un'altra domanda?" chiede anzi forse implora Dafne.
" Certo che no, è un concetto essenziale"
"Allora mi lasci del tempo per pensarci, devo essere andata in confusione"
Il prof scrive una e tonica su un foglietto e glielo porge. Dafne si mette il foglietto sotto il naso, le mani sulla fronte, i gomiti appoggiati al tavolo e si concentra: ma mi racconta che invece che pensare a quella cazzo di e tonica, pensava come un mantra: ecco adesso mi manda a casa ecco adesso mi manda a casa ecco adesso mi manda a casa ...
Il mantra dopo un pò le sforna -non si sa come- un flash con il quale Dafne raffazzona una risposta che non è il massimo ma sempre meglio di niente, poi risponde ad un'altra domanda simile (ma allora sei stronzo!, accusa mentalmente all'indirizzo del prof), non risponde a una terza, riceve un rimprovero perchè "... Alla fine le cose le sapeva, ma all'inizio rispondeva senza pensarci!" e se ne va col suo 21.
Ginocchio dice che se gli avessero detto ci vediamo la prossima volta lui se ne sarebbe uscito con la coda fra le gambe senza fiatare, io avrei fatto come ginocchio ma dico a Dafne che è stata brava, a non arrendersi.

scritto il 23-06-2010

martedì 14 dicembre 2010

Top ten things I can not stand


LE DIECI COSE CHE NON SOPPORTO

1. BERLUSKIF, of course. Non è una cosa? Davvero? Peggio per lui!
2. Il dentifricio secco a causa del tappo non riavvitato
3. La camera dei miei figli
4. Gli autisti che ti stanno attaccati al culo
5. I gatti
6. Mio marito quando siede da parte a me che guido
7. Mettere le catene quando nevica forte, per arrivare sulla statale
8. Lo stesso marito, quando guida, perchè a due metri da casa gli si attiva in automatico la calamita attira-trattore, attira P, attira- quello appena uscito dall'osteria, attira indeciso sprovvisto di tom tom, attira "tabacconi" di ogni genere.
9. Togliere le catene quando arrivo sulla statale
10. I cacciatori che sparano a due metri dalla mia casetta
11. … Se poi sparano al buio pesto dell’alba, sono proprio ignoranti. Non lo sanno, che è vietato?
12. Le colleghe ferme al timbro a fare la radiografia a quelle che timbrano dopo
di loro: devono inventariare come sei vestita …
13 … Pettinata…
14 … Le scarpe ..
15 … La borsa ...
16. Sedici? Come è possibile? Ne ho altre centosedici!

sabato 11 dicembre 2010

lo strizzacellulare

Lo psichiatra capelli a spazzola seduto davanti a me ha controllato il cellulare ogni 15 minuti, durante il convegno durato 4 ore e mezzo, manifestando un comportamento di tipo ossessivo compulsivo, in un probabile quadro di sindrome da dipendenza palmare.
Dovrà andare a farsi vedere da un bravo collega.
Non c'è niente di strano: forse che il nostro medico di base non può beccarsi l'influenza? E se il nostro cardiologo non è automaticamente esentato dalla possibilità di morire per infarto, di sicuro la nostra ginecologa ha già partorito enne volte, essendo di C.L.
Anche il nostro confessore non è certo un santo. (ma questo che c'entra?)
Dicono che i medici siano dei pessimi pazienti, tra l'altro. Forse perchè si illudono di non beccarsi l'influenza e di essere immortali.
La Conoscenza non serve a niente se non è accompagnata dalla consapevolezza. Viaggiano in coppia.
Chissà se capelli a spazzola è consapevole del suo disturbo.

mercoledì 8 dicembre 2010

Top ten glory days

Qualche giorno fa, qui , ho letto questo simpatico post:

Senza pensarci troppo: - i quindici autori che ti hanno lasciato un segno- i quindici libri
- i quindici film
- i quindici blog
variante
- le quindici cose che non sopporti
andiamo oltre
- i quindici (o quattro o trentatré) amori
- le quindici persone più significative, escludendo i parenti
andiamo sul difficile, ora
- i quindici giorni della tua vita da ricordare

Bella Storia! E' da quando ho riletto Alta fedeltà -agosto- che ho voglia di fare degli elenchi di top five, come facevano Rob e soci mentre "lavoravano" nel negozio di dischi. Ora c'è addirittura chi triplica il five facendolo diventare un fifteen.
Quindici è troppo, però. Più una lista si allunga, più perde sapore, come un brodo slavato. Ad esempio, se trovassi il mio nome nella lista dei quindici -o trentatre - amori di un uomo, mi sentirei lusingata come un cimelio sul comò, da spolverare, come uno dei quindici volumi della vetusta enciclopedia, da sfogliare, come uno dei trentatre trentini che entravano a Trento, da trotterellare.
Facciamo dieci e non se ne parli più. Per masochismo voglio partire dal difficile, i dieci giorni da ricordare:


TOP TEN GLORY DAYS

...... E mi sono subito incasinata! Perchè ho scritto senza pensarci troppo -come richiesto-, ma quando ho riletto c'era qualcosa che non quadrava, ci ho pensato su -come non richiesto- e ho cancellato tutto.
Perchè mi sono accorta che non è la giornata, a rimanerti in memoria, ma il momento, l'attimo fuggente, il carpe diem di Robin Williams- siana memoria.
Così ho modificato il top ten glory days in top ten carpe diem, e ho messo giù la mia lista:

*l'istante in cui sono venuta al mondo, di cui non conservo memoria soggettiva ma che non posso dimenticare, se non altro per il fatto che il mio ostetrico me ne ripete la cronaca ogni treperdue.

* i pochi attimi necessari affinchè il mio triciclo faccia una curva, davanti a quella casa in fondo alla via, per tornare verso casa mia.

* il momento in cui appesi il mio cappottino sullo stesso attaccapanni di quella bambina, perchè avevo deciso che sarebbe stata la mia amica del cuore, e lo fu.

* quando proprio lei mi regalò il mio primo diario, un orribile quaderno di velluto blu, con tre bottoni marroni -sempre di velluto, sempre orribili- applicati sulla copertina.

* ogni istante in cui ho sentito che il mio cuore era in stato di allerta per un incipit di innamoramento.

* quando sono entrata in chiesa al braccio del mio papi, che è inciampato nel tappeto.

* quel momento di felicità mista a incredulità - un momento fuori classifica, over the top- in cui, immersa nell'acqua della vasca da bagno, guardando la mia pancia piatta, mi sembrò impossibile che in quell'esiguo spazio potesse crescere un bambino.

* ogni volta che un figlio si è addormentato sul mio seno con le labbra bagnate di latte, ogni volta che ha cercato conforto tra le mie braccia, ogni volta che mi ha scritto un biglietto sgrammaticato ti volio bene.

Non so quanti siano, chissefrega, scrivendo mi è venuto di nuovo il dubbio che non abbia senso nemmeno questo top ten, come non aveva senso l'altro, perchè, a pensarci bene, se si dovesse fare un elenco documentato si rischia seriamente che i momenti da dimenticare superino quelli da ricordare. E in fin dei conti nemmeno fare un sunto di attivo- passivo della propria vita ha senso. Si prende ciò che c'è, nel bene e nel male. Mi sto incasinando un'altra volta?
Mi sa che non dovevo partire dal difficile, sarebbe stato meglio scrivere l'elenco dei miei dieci cibi preferiti, ma ormai la fatica l'ho fatta e col cavolo che cancello un'altra volta.

domenica 28 novembre 2010

nativo americano

... Ho scelto questo, perchè il sorrisetto sardonico di Travaglio non mi piace e perchè del libro di Paolo Sorrentino ho già scritto peste e corna quest'estate.

sabato 20 novembre 2010

infinite jest

Nome: infinite jest
peso: 1 kg e 400 grammi.
misure: 15x21x7
colore: azzurro cielo.
anno di nascita: 1996
paternità: David Forster Wallace
definizione della bibliotecaria: "malloppo"
definizione mia: it's not a jest!
previsioni di lettura: travagliata
termine previsto: natale, o forse pasqua; in realtà la sfida non sta tanto nel quando, quanto nel se.
citazione del giorno: Gli era già successo di perdere la testa per qualcuna, ma mai di sentirsi decapitato.

Finora ne ho letto solo 1 centimetro e mezzo. Che fatica. Pesa:
fisicamente (per le donne: avete presente quando leggete in posizione rilassata, col libro appoggiato in zone delicate? ecco, appoggiare infinite jest è quasi come fare una mammografia)
gastricamente (la descrizione del bagno dove una tipa cerca di morire per overdose mi stava facendo vomitare)
moralmente (pazzesco pensare che, dodici anni prima di togliersi la vita, l'autore già prevedesse la modalità di somministrazione del proprio suicidio
: "sono tremendamente spiacente di importunarla. Mi stavo solo chiedendo se in un Programma speciale ci fosse una preghiera per quando ci si vuole impiccare"
letteralmente (descrizioni ossessivamente particolareggiate)
visivamente (le note sono in carattere formica)
... e intellettivamente (riesco a memorizzare solo i personaggi principali)


Ho iniziato questo travaglio circa 15 giorni fa.
Il primo capitolo, con una bella scena di sclero, mi ha impressionata positivamente e invogliata a continuare, ma poi ho letto intere pagine senza capirci un'acca, ho letto pensando che la fantascienza non mi è mai piaciuta, e nemmeno la fantapolitica, ho letto con gli occhi chiusi, ho letto ipotizzando che solo l'esperienza personale permette una descrizione così minuziosa del pianeta droghe, ho letto chiedendomi se una scrittura così maniacale possa rispecchiare la malattia mentale dell'autore.
Questa settimana ho portato inutilmente sulle spalle il malloppo, al lavoro e nei miei giri ospedalieri, senza riuscire a leggerne nemmeno una pagina.
(mia mamma, vedendomi estrarre un tale ingombro dalla borsa mentre aspettavamo l'oculista, mi ha chiesto: "non potevi portare topolino?" )

martedì 16 novembre 2010

... Ho scelto questo, perchè il sorrisetto sardonico di Travaglio non mi piace e perchè del libro di Paolo Sorrentino ho già scritto peste e corna quest'estate.

sabato 13 novembre 2010

il grande trambusto

.. da un quaderno di antologia di mia sorella

Tema: un'occasione di grande trambusto in casa mia


Quando abbiamo fatto il solaio, in casa mia c'era una grande confusione perchè mio papà doveva fare un buco nel soffitto. Faceva molto rumore, e così noi ci arrabbiavamo e lui rispondeva: "O faccio il solaio facendo rumore, oppure non lo faccio, decidete voi!"
Era inutile dire: "Non fare il solaio!", perchè tanto continuava ugualmente, perciò rimanevamo zitte e sopportavamo il rumore. Quando ebbe finito di fare quel fastidioso rumore, tutti erano contenti perchè non ci si doveva più chiudere le orecchie e poi perchè si poteva procedere all'ultimo lavoro che fu anche quello molto duro. Infatti si doveva mettere la scala di ferro e poi avevamo finito. Anche se ognuno di noi ha aiutato la scala non saliva. Papà incominciò ad arrabbiarsi e ad sgridare noi che non eravamo colpevoli. Allora la mia mamma andò a chiamare un nostro vicino di casa per aiutarci. C'era una confusione indescrivibile: mio papà che gridava perchè doveva battere ancora il buco e perciò gli occorrevano gli attrezzi, il nostro vicino cioè il signor Antonio che impiegava tutte le sue forze per far salire la scala e noi sorelle e la mamma aiutavamo il signor Antonio. Alla fine ci riuscimmo; dopo tanti sforzi la scala era salita e ringraziando il signor Antonio ci mettemmo a pulire. Io dovevo scaricare insieme a mia sorella la cariola piena di sassi, mattoni, ecc.. in un determinato luogo, la mia mamma puliva il pavimento, invece il mio papà sbuffando andò a letto a dormire.
sufficiente
, visto 8 ottobre 1981

L'insegnante sottolineò per ben due volte, con grande enfasi di biro rossa, la mancanza dell'articolo determinativo "IL" prima delle parole "mio papà". Ma come. Di errori ce ne sono molti, in questo tema, ma non questo!
A parte gli errori, o forse anche per quelli, i temi dei bambini sono troppo forti! Se poi ti riportano alla memoria scenette familiari sepolte sotto le macerie del tempo, diventano una lettura fresca e piacevole, spero non solo per me.

mercoledì 10 novembre 2010

tutto quello che mi serve sapere


"TUTTO QUELLO CHE MI SERVE SAPERE, riguardo a come vivere, cosa fare e come comportarmi, l’ho imparato all’asilo.

domenica 7 novembre 2010

lotta alla prostituzione

Avete sentito le sante parole di Occhiali Rossi?
Lo SCHEMA rimane quello dei tempi di Carlo Cudega: ai poveri si alza l'asticella del reato, mentre ai ricchi tutto è permesso. Anzi, il lecito dei patrizi è direttamente proporzionale all'illecito dei plebei.
"Foglio di via alle prostitute della strada" ... ma attenzione al lodo stradale: il foglio sarà sventolato ai quattro venti, a meno che la strada sia quella che dal cancello di villa certosa porta al lettone del nostro putin nostrano.
Avete poi sentito anche le sante parole del pifferaio magico a fianco di occhiali rossi?
Il nostro amabile e amato putin nostrano, leader maximo dei puttanieri, che parla di puttane. Uhhh!!
Una volta si chiamava ipocrisia, io oggi la chiamo indecenza. Mancanza di vergogna.
Domani si aprirà, a Milano, il convegno nazionale sulla famiglia. Inizialmente avrebbe dovuto inaugurarla LUI, il pifferaio, forse per la sua comprovata esperienza nel campo delle famiglie allargate, mooolto allargate, ma poi ha cambiato idea, per evitare "STRUMENTALIZZAZIONI"!!!!

Ora, qualcuno mi dovrebbe spiegare perchè le parole cambiano di significato come bandiere al vento. Quando ci raccontavano la favola dei vestiti nuovi dell'imperatore, la frase del fanciullo che gridava: "il re è nudo!" non era definita strumentale, ma sincera.

giovedì 4 novembre 2010



I suoi amici hanno suonato questa canzone, mentre il suo giovane corpo imprigionato in una scatola di legno usciva dalla chiesa.

domenica 31 ottobre 2010

Nec sine te, nec tecum vivere possum


… E per caso, in una mattina piovosa, durante una lezione noiosa, ti capitava di incontrare una frase latina che ti appassionava, con la quale instauravi un feeling immediato perché in essa riconoscevi la TUA verità del TUO quotidiano, una verità espressa nel modo più elegante possibile, nella bellissima lingua dei nostri avi.

mercoledì 27 ottobre 2010

minuetto per daphne



PERSONAGGI: madre e figlia
LOCATION: cucina
ATTIVITA' IN CORSO: figlia face to face with facebook, madre incerta su quale libro iniziare (una stanza tutta per sè, il parlar figurato, vedi alla voce amore, o uno nessuno e centomila?)

"mamma, hai notato che non sono più depressa?"
"sì, certo ... deve essere che ti è andato bene l'appuntamento dell'altro giorno"
"ma domenica come hai fatto a capire che avevo un appuntamento?"
"boh! forse per la tonalità di voce con cui hai detto: vado a fare un giro, o forse perchè l'hai detto a mezza porta, di fretta"
"avevo capito che avevi capito"
"allora siamo in due, ad aver capito."
"ma non è per merito di quell'appuntamento che non sono più depressa"
"... e per cosa, allora, ?"
"non c'è un motivo .... " una controllata al libro in faccia, e poi riattacca:
"aveva ragione quel filosofo ..."
"quale?"
"quello che diceva che non bisogna temere di andare sempre più giù, perchè quando arrivi al massimo del giù non puoi far altro che risalire. E quando torni su devi stare attento, perchè arrivi a un punto di massima euforia oltre il quale non puoi salire ancora, e ti tocca per forza di cose ridiscendere"
Mentre mi spiega la teoria filosofica di non ricordo chi, Daphne va su e giù con la mano, prima a picco, poi a vetta, come se disegnasse un ottovolante.
Quell'ottovolante della vita che quest'anno le ha rifilato una brutta discesa a sorpresa. Spero sia l'ultima, così ripida e così infida.
Ma è grande, la mia Piccola.

Più grande di un minuetto, che le dedico dato che le piace così tanto da farmelo sentire almeno dieci volte al giorno.

martedì 26 ottobre 2010

era meglio l'ira funesta di achille

Il mio amico Iaco, nel post http://iacoponi.blogspot.com/2010/10/delitto-di-profanazione-di-memoria.html, sostiene che nel caso Scazzi si stia verificando un delitto mediatico di profanazione di memoria.
Nel finale del post vola alto richiamando alla memoria la
tragedia di Antigone, chiedendosi: "forse perché adoro questo personaggio femminile, ma mi sono detto: guarda un po' che roba, laggiù una salma esposta al vento e alla pioggia, che non si voleva seppellire; qui da noi un'altra salma, che alla pioggia e al vento è rimasta già esposta per 42 giorni e che si è seppellita in una bara bianca, ma che tutti quotidianamente riesumano in modo impietoso. Dove sta una Antigone a volerla sepolta per sempre? Dove un Sofocle a pronunciarne il requiem definitivo?"

Sulla scia della tragedia di Sofocle, che non ho studiato, e cercando di volare alto come Iacoponi, nella mia memoria è subentrato un episodio che mi aveva impressionata, ai tempi dello studio dell' Iliade: lo scempio che Achille fa del corpo di Ettore ,
dopo averlo ucciso in duello.
"Disse e meditò di fare un' offesa al glorioso Ettore: gli forò i tendini dietro ai due piedi dalla caviglia al tallone, ci passò due cinghie, lo legò al cocchio, lasciando la testa ciondolare a terra, e balzato sul cocchio, alzando in alto le armi frustò per partire: desiderosi di correre i cavalli volarono. Intorno al corpo trainato si alzò la polvere: i capelli neri si scompigliarono; tutta la testa giaceva in mezzo alla polvere, prima stupenda"

Per tre volte Achille infierisce sul cadavere del nemico troiano, facendolo ruotare attorno al tumulo dell'amico Patroclo, precedentemente
ucciso dallo stesso Ettore. Gli dei, impietositi dallo spettacolo, vorrebbero intervenire, ma Era, Poseidone ed Atena si oppongono.
Il dodicesimo giorno Apollo prende la p
arola e rimprovera gli altri dei per la mancanza di pietà: Zeus allora convoca Teti -la madre di Achille- e le comunica la sua decisione che Achille restituisca il corpo di Ettore al padre Priamo, re di Troia.Teti riferisce queste parole al figlio, che non può opporsi al volere degli dei. Priamo si reca nella tenda del greco per chiedere la restituzione del corpo di suo figlio. Il re di Troia si inginocchia ai piedi dell’eroe e implora pietà: Achille è commosso e, dopo aver offerto una cena in onore di Priamo, restituisce il corpo di Ettore al padre ed accorda una tregua di 12 giorni per permettere le esequie dell’eroe troiano. Il cadavere di Ettore viene curato e arso su una pila di tronchi; le ossa poi raccolte in un vaso d'oro e sepolte in un grande tumulo.

L'ira funesta del pelide Achille che infiniti addusse lutti agli achei aveva una sua ragione nel dolore per la morte dell'amico Patroclo per mano di Ettore. E alla fine anche l'iroso eroe greco viene ricondotto alla ragione.
Gli sciacalli odierni non hanno nessuna ragione, nessuna scusante per la profanazione della salma.
Gli sciacalli odierni non non hanno vergogna di nessuno, n
on temono l'ira degli dei, obbediscono solo al dio share, non sanno cos'è la pietas e trascineranno il cadavere di Sarah intorno ai nostri occhi e alle nostre orecchie fino a che tutti gli avvoltoi avranno la pancia piena.
Teti intercede presso Zeus in favore del figlio Achille

lunedì 25 ottobre 2010

domanda fatidica

Lo sto aspettando al varco, qui in corridoio, in agguato tra il vecchio cassettone i cui cassetti si aprono solo con le maniere forti e la porta della mia camera, sempre aperta perchèsennòmimancal'aria.
Non mi può sfuggire. Appena esce dal bagno gli faccio LA fatidica DOMANDA alla quale dovrà pur darmi una risposta, e se la replica si collocherà sotto il livello minimo della civile convivenza, alla stazione per il treno delle settetrenta -destinazione UNI- stamattina ci andrà a piedi.
Eccolo, con barba incolta new entry e l'antica abitudine di mettersi solo il pezzo sopra del pigiama.
E' il momento, vai con la domanda, prima che ti cammini sopra o che ti scansi.
"Se ieri sera avessi messo i vestiti del calcio in lavatrice e avessi schiacciato un bottone, solo un bottone, come ti avevo detto di fare, stamattina avrei avuto il tempo di stenderli e stasera sarebbero stati asciutti e pronti per l'allenamento""Sei sicura di aver messo tutti i congiuntivi al posto giusto?"

sabato 23 ottobre 2010

Perchè parli?

Li ho beccati in castagna, anzi in kiwi.
Papà sulla scala, a raccoglierli dal bersò, mamma avanti e indietro dal garage a sistemarli nelle cassette.
"Non mi avevate promesso che quando decidevate di raccoglierli avreste chiesto l'aiuto di Ginocchio?"
"Sì, ma lo sai com'è TUO papà, quando si mette in mente di fare un lavoro bisogna farlo subito"
"Per questo hanno inventato il telefono, tanti anni fa"
"figurati se lo sveglio alle 8 del sabato!"
Figurati! Figurati se svegliano il nipote prediletto!
Inutile. Tutto inutile. Che pazienza ci vuole.
I suoceri che ti mandano a cagare nelle ortiche, i genitori che ti ascoltano ma poi fanno quello che vogliono, i figli che manco fanno la finta di sentire ciò che vai a dire. (" Ma PERCHE' PARLI?" è una delle loro più gentili espressioni) Appunto. Perchè parlo? Meglio stare zitta e agire.
Prendo il posto di papi, sulla scala, con la mia giacca bianca e i pantaloni neri eleganti. Papi prende il posto di mami nell'andirivieni e mami si mette a scopare foglie e rametti caduti. I kiwi sono talmente grossi che ci vuole un niente a riempire il secchio posto sulla scala.
Come mi piace fare questi lavori.
Nella mia vita precedente devo essere stata a stretto contatto con la terra. Forse ero un lombrico, vissuto senza fare troppe lombricate e poi rinato nel corpo di un bue al tempo di "T'amo, pio bove". Ho tirato il mio aratro fino alla morte vincendo così un buono-premio per rinascere in veste di homo sapiens. Anzi donna, che è meglio.

Metto pressione a papà, così, tanto per divertirmi un pò. Gli urlo:
"Ehi, lei, si spicci a portarmi il secchio vuoto" e lui arriva, col fiatone del cardiopatico. Poi, visto che non si arrabbia, rincaro la dose: "Su, Angelo, non rende. Se faceva così a fare il cottimo alla Pirelli!"
Papà finalmente brontola "
Me lasa gnà pisà" (non mi lascia nemmeno fare pipì)"lè pusè ul temp che lè dre a pisà che quel chel laura" (è più il tempo che passa a pisciare che a lavorare) dice mamma"Poveretto, se prende tutto quel lasix, al mattino, è logico che gli faccia effetto" lo giustifico.
"Quante cassette hai riempito, pà?"
"Quindici"
Terminato il raccolto, me ne torno a casa con la mia cassetta.
Dopo un pò chiama mamma:
"Scusa, ma .... l'Unità di papà ti è rimasta in borsa?"
No, in borsa non l'ho messa, era nel sacchetto dell'edicola insieme ad altri acquisti. Aspetta che guardo. No, ci sono solo le collant di Daphne. Adesso che ci penso l'avevo in mano e l'ho appoggiata da qualche parte. Dove? Dove? Ah, sì, mi pare di averla appoggiata in garage.
"Allora l'ho usata per coprire il fondo delle cassette"
"OK, mamma, ne compriamo un' altra. Dì a papà di resistere fino a mezzogiorno."

martedì 19 ottobre 2010

fruit's philosophy

http://neuccidepiulalinguachelaspada.blogspot.com/2010/10/come-si-cambia.html

Dopo aver letto questo interessante post ho scritto un commento, ma poi mi sono accorta che era troppo lungo e così ne ho lasciato metà di là, e metà me lo sono portato di qua. Non me ne voglia unodicinque.
Nel post viene riportata una teoria, sentita nonsisadove-nonsisaquando-nonsisadachi:
" ... Non sarebbe vero che noi cambiamo; noi restiamo sempre uguali ma cambia, semmai, la percezione che abbiamo di noi stessi al mutare delle condizioni."

Mumble mumble ... Le teorie lasciano sempre il tempo che trovano, ma a parte questo credo di essere d'accordo.
Unodicinque pensa a una città, a me invece viene da pensare alla struttura del pianeta terra: nucleo, mantello, crosta terrestre.
Il nucleo è la mia essenza, che nasce prima di me, resistente come il nocciolo di una ciliegia. Attento a colui che mi prende a morsi, potrei spaccargli un dente, con la mia arma segreta.
Il mantello che ricopre il nucleo, come polpa succulenta, sono gli avvenimenti che hanno plasmato la mia vita. Sole, calore, acqua e cure parentali ne hanno influenzato il sapore.
La crosta terrestre, come buccia, (facciamo buccia di pesca, và, per il suo potere allergizzante) è la mia immagine, quella che mostro all'esterno, il mio rivestimento protettivo: la pellicola domopak che mi preserva da batteri contaminatori ma mi fa anche puzzare di plastica, per intenderci.

Tutto qui? No, ora alla similitudine va applicata la teoria: il mantello può sconvolgersi per una maledetta faglia di sant'andrea, la crosta spaccarsi, ma il nucleo resiste.
Almeno spero.

Ma forse sono andata fuori tema.
Ecco perchè ho sempre mal sopportato i filosofi: non riesco mai a seguire il filo dei loro ragionamenti.
(E se fossi un frutto, che frutto mi piacerebbe essere?)

domenica 17 ottobre 2010

elogio di una poesia

TE NE ANDRAI DOMANI

Una folata di vento,

un rumore di foglie secche scagliate

negli angoli del cortile

e da oltre la ferrovia il latrare

di un cane.

Niente altro;
non mi viene nemmeno un pensiero di commossa pietà

per questa mia vecchiaia incipiente,
per questo vuoto

che solo il freddo e il vento riempiono.


Te ne andrai domani.

Lo so da mesi ormai, conto le ore,
ma voglio far finta che tu non sia mai passata

attraverso la mia vita,

e già da adesso so quello che

proverò a dirmi da domani,
le bugie che mi racconterò perchè si faccia
sera, e poi di notte
perchè si faccia mattina.

Vincenzo Iacoponi, in Maximiliansau, in un giorno di novembreQuesta primavera il mio amico Vix mi spedì un suo dipinto (nella foto) e 18 poesie.
Mentre leggevo "Te ne andrai domani" vedevo
come in un fotogramma le immagini che descriveva, e mi piacque talmente tanto che glielo dissi e ridissi fino a che la mandò a un concorso nazionale di poesia.
L'altro giorno mi ha fatto sapere che "te ne andrai domani" è stata selezionata per la pubblicazione.
Rinnovo i complimenti al mio amico scrittore-poeta, elogio pubblicamente la sua poesia e mi congratulo con me stessa: mi sento come un cane da tartufo che ha annusato, scavato ed estratto dalla nuda terra un prezioso frutto.



sabato 9 ottobre 2010

alle nove della sera

Alle nove di sera le tavole sono state sparecchiate, i piatti lavati e le case riordinate si preparano per la notte. La strada è già deserta. Posteggio, entro dall'entrata sul retro. Piante di rosmarino e di salvia strappate alla terra sono depositate sotto il bersò, ricoperto di bei kiwi dalla forma ancheggiante; per sistemarne la struttura artigianale resa precaria dai vandalismi di un temporale un paio di settimane fa papà ha saldato qualcosa senza occhiali e si è infortunato all'occhio.
Mamma è talmente abituata ai suoi infortuni che nei casi non apparentemente gravi ormai si improvvisa dottoressa e fa da sè: benda alla Moshe Dayan e un collirio che ci avevano dato in ospedale l'anno scorso in occasione di un evento simile.
Ora l'occhio di papà è guarito, ma sono qui per mettere le gocce a quello di mamma, operata di cataratta.

Le piante di pomodoro .. pluff, sono sparite nel giro di un giorno. Li abbiamo goduti così poco, quest'anno. Un raccolto talmente deludente che papà non voleva nemmeno che ne parlassimo.
Scoppiettio di braci ancora calde nel camino.
Lampada segnapasso che illumina il mio passaggio furtivo.
La casa di fianco a quella dei miei genitori ha finalmente le luci accese: era così triste vederla spegnersi dopo la morte dei proprietari avvenuta lo scorso anno, come se fosse in procinto di morire anch'essa, d'inedia.
Apro la porta di casa con le chiavi di scorta. Dò una voce per non spaventarli ma il silenzio mi dice che papà e mamma probabilmente dormono già, al piano di sopra, del primo sonno pesante, con la tivù accesa su walker.
Poi magari si svegliano e riprendono a guardarla fino a mezzanotte.
Papà bofonchia qualcosa nel sonno, qualcosa che risulta incomprensibile per l'assenza della protesi e la confusione del machicavolomihasvegliato.
Mamma dice che può mettersi le gocce da sola, non c'è bisogno che
tribulo.
"Smettila, sul foglio dell'ospedale c'è scritto che almeno per la prima settimana devi farti medicare da qualcun altro"

"... Ma la sciura Antonia le metteva da sola, ma la sciura Talaltra anche.."
Deve aver fatto un sondaggio nel villaggio. Con l'età media che circola da queste parti, è uno scherzo sondaggiare gli operati alla cataratta.
Poco dopo me ne vado. Mentre faccio girare le chiavi nella serratura mi assale un senso di preoccupazione all'idea di lasciarli soli.
Perchè ci penso solo ora? Dopo quella notte che sono entrati i ladri, come faranno a dormire tranquillamente? Sarei più tranquilla se abitassero in condominio. Ma papà come farebbe senza i suoi passatempi? E quali vicini sopporterebbero un vicino così rumoroso?
Mamma mia, questo villaggio: ha ragione papà a dire che è diventato un mortuorio. Case vuote o abitate da vedove. I miei genitori insieme a un'altra coppia sono l'ultimo residuo del battaglione di giovani sposini che comprarono queste case negli anni 50,
nel dopoguerra, costruite secondo un piano di edilizia pubblica per famiglie a basso reddito, promosso da Amintore Fanfani.
E' questo l'attuale problema esistenziale di mio padre: "Siamo rimasti in tre" (primo sottinteso: uomini) (secondo sottinteso: nel mio villaggio) dice a tutti, anche a quelli che manco lo conoscono, tipo l'inserviente che incontra nell'ascensore dell'ospedale. Poco tempo fa il più anziano dei tre -quello in prima linea, quello a cui mio padre cederebbe volentieri il passaggio, per intenderci- è stato ricoverato in ospedale e il secondo soldato ne è rimasto sconvolto per una settimana.
"Dobbiamo fare pari o dispari" propone quotidianamente all'idraulico (il terzo uomo) che passa per la via ogni mattina e ogni mezzogiorno e ogni pomeriggio e ogni sera per andare e tornare dal lavoro.
"Ma papà, Tommaso è molto più giovane di te, non puoi fare pari o dispari con lui"
"Ahia"
Questa è l'espressione preferita di mio padre: ahia. Quando non ha scampo, quando sa che hai ragione, quando la verità lo pizzica : ahia.

giovedì 7 ottobre 2010

Nothing Else Matters

Quando eravamo piccole capitava che io o le mie sorelle frignavassimo per niente, o per stanchezza, o senza sapere il perchè. Ad esempio quando mi addormentavo sul divano dopo cena e alla fine del film o del varietà mi svegliavano per mandarmi a letto, immancabilmente mi mettevo a piangere.
Quando facevamo così mamma ci sopportava per un po', e poi ci dava due sberle: non aveva la pazienza che ha adesso coi nipotini.
"Così piangi per qualcosa", diceva.
Mi è successa la stessa cosa, da grande.
Prima che cominciassero i guai dei miei figli ho passato un periodo del cavolo, diciamo da luglio dell'anno scorso a ... bè non c'è nemmeno stata una fine. Ma erano tutte paturnie del menga.
Adesso mi sono arrivate due sberle in faccia, così imparo a frignare per niente.
E come se non bastasse mi sento così in colpa. So che è una cosa irrazionale, ma mi sento in colpa davvero. Forse perchè quella di Daphne è una malattia genetica, forse perchè quando un figlio sta male qualsiasi mamma sarebbe disposta a scontare qualsiasi pena, a prescindere.
Cerco di distrarmi scrivendo stronzate sul blog pur sapendo che è solo un palliativo, una terapia occupazionale.
Ma non c'è niente altro,
Nothing Else Matters, Niente Altro Importa.

sabato 2 ottobre 2010

dove cazzo spari?

Ore 8 e 20 di un sabato mattina di ordinaria follia. Esco di casa per mettere fuori il secchiello dell'umido e il sacchetto del secco.
BANG. BANG. BANG.
TIN, TIN,TIN,TIN, TIN.
Mi viene l'istinto scenografico di buttarmi a terra, per poi strisciare con la pancia fin sotto la carriola, con le mani sulla testa, ma non si vede un'anima, sulla strada, e nessuno applaudirebbe alla mia performance. La spagnoletta ha le finestre ancora chiuse e la probabile moglie di quel probabile fesso che sta sparando è ancora nel mondo dei sogni. E poi, che direbbe il mio ginocchio, al momento dell'impatto col cemento? Perciò sostituisco la performance con un "CAZZO!" di sorpresa, a volume alterato, apro il cancellino, deposito secchiello e sacchetto vicino agli altri, torno sui miei passi, rientro in cortile, mi affaccio verso il bosco e finisco di dire quello che avevo appena abbozzato, urlando al probabile fesso: " DOVE CAZZO SPARI?"

venerdì 1 ottobre 2010

non è per me


La famigliola è seduta a tavola, a cenare. Driin.

giovedì 30 settembre 2010

un baule pieno di ricordi

Dovevo fare i soliti noiosissimi lavori di casa, quest'estate, ma la pigrizia ha prevalso sull'efficienza e così ho riordinato solo un locale, "la stanza in fondo" , un locale che potrebbe essere una terza camera da letto se non fosse diventata un "di tutto e di più": lavatrice, aspi
rapolvere, attrezzi per le pulizie, fontanella, scarpiera, pozzo di san patrizio congelante, dispensa, tavolo fai da te, un vecchio armadio, un appendino per l' abbigliamento da "walker", -così mio figlio chiama le guardie ecologiche- zaino, cappelli, due borse del calcio, una della piscina, una della protezione civile, una dell'anti-incendio; appese al muro, una stadera e una grata di ferro, sulla quale giacciono da anni oggetti ufo, tipo chiavi che non si sa cosa debbano aprire e inquietanti archetti da caccia che G. deve portare al museo del parco da decenni. Dentro e sopra un vecchio armadio a 4 ante bombate e specchiate c'è un delirio. Dai sacchi a pelo dell'esercito a vecchi vinile passando per una serie completa di videocassette allegate all'"unità" di decenni fa, comprate da un padre sprovvisto di videoregistratore con l'unico scopo di finanziare il suo quotidiano preferito.
Prima o poi dovremo dare un senso a questo delirio di onnipotenza degli oggetti!
E se mettessimo tutto su ebay? chiedo a Ginocchio, che naturalmente si rifiuta. Troppo sbattimento! -dice-
La cosa più intrigante di tutto questo baillame, l'unico oggetto di cui non mi sbarazzerei facilmente è un baulone verde pieno di ricordi. Quaderni di scuola miei, dei miei figli, di mio marito, e perfino delle mie sorelle e di mia mamma. Ci sono alcuni temi -miei o delle mie sorelle- la cui lettura mi provoca ondate di tenerezza. Li posterò, pur sapendo che certe emozioni non sono condivisibili.