domenica 31 ottobre 2010

Nec sine te, nec tecum vivere possum


… E per caso, in una mattina piovosa, durante una lezione noiosa, ti capitava di incontrare una frase latina che ti appassionava, con la quale instauravi un feeling immediato perché in essa riconoscevi la TUA verità del TUO quotidiano, una verità espressa nel modo più elegante possibile, nella bellissima lingua dei nostri avi.

mercoledì 27 ottobre 2010

minuetto per daphne



PERSONAGGI: madre e figlia
LOCATION: cucina
ATTIVITA' IN CORSO: figlia face to face with facebook, madre incerta su quale libro iniziare (una stanza tutta per sè, il parlar figurato, vedi alla voce amore, o uno nessuno e centomila?)

"mamma, hai notato che non sono più depressa?"
"sì, certo ... deve essere che ti è andato bene l'appuntamento dell'altro giorno"
"ma domenica come hai fatto a capire che avevo un appuntamento?"
"boh! forse per la tonalità di voce con cui hai detto: vado a fare un giro, o forse perchè l'hai detto a mezza porta, di fretta"
"avevo capito che avevi capito"
"allora siamo in due, ad aver capito."
"ma non è per merito di quell'appuntamento che non sono più depressa"
"... e per cosa, allora, ?"
"non c'è un motivo .... " una controllata al libro in faccia, e poi riattacca:
"aveva ragione quel filosofo ..."
"quale?"
"quello che diceva che non bisogna temere di andare sempre più giù, perchè quando arrivi al massimo del giù non puoi far altro che risalire. E quando torni su devi stare attento, perchè arrivi a un punto di massima euforia oltre il quale non puoi salire ancora, e ti tocca per forza di cose ridiscendere"
Mentre mi spiega la teoria filosofica di non ricordo chi, Daphne va su e giù con la mano, prima a picco, poi a vetta, come se disegnasse un ottovolante.
Quell'ottovolante della vita che quest'anno le ha rifilato una brutta discesa a sorpresa. Spero sia l'ultima, così ripida e così infida.
Ma è grande, la mia Piccola.

Più grande di un minuetto, che le dedico dato che le piace così tanto da farmelo sentire almeno dieci volte al giorno.

martedì 26 ottobre 2010

era meglio l'ira funesta di achille

Il mio amico Iaco, nel post http://iacoponi.blogspot.com/2010/10/delitto-di-profanazione-di-memoria.html, sostiene che nel caso Scazzi si stia verificando un delitto mediatico di profanazione di memoria.
Nel finale del post vola alto richiamando alla memoria la
tragedia di Antigone, chiedendosi: "forse perché adoro questo personaggio femminile, ma mi sono detto: guarda un po' che roba, laggiù una salma esposta al vento e alla pioggia, che non si voleva seppellire; qui da noi un'altra salma, che alla pioggia e al vento è rimasta già esposta per 42 giorni e che si è seppellita in una bara bianca, ma che tutti quotidianamente riesumano in modo impietoso. Dove sta una Antigone a volerla sepolta per sempre? Dove un Sofocle a pronunciarne il requiem definitivo?"

Sulla scia della tragedia di Sofocle, che non ho studiato, e cercando di volare alto come Iacoponi, nella mia memoria è subentrato un episodio che mi aveva impressionata, ai tempi dello studio dell' Iliade: lo scempio che Achille fa del corpo di Ettore ,
dopo averlo ucciso in duello.
"Disse e meditò di fare un' offesa al glorioso Ettore: gli forò i tendini dietro ai due piedi dalla caviglia al tallone, ci passò due cinghie, lo legò al cocchio, lasciando la testa ciondolare a terra, e balzato sul cocchio, alzando in alto le armi frustò per partire: desiderosi di correre i cavalli volarono. Intorno al corpo trainato si alzò la polvere: i capelli neri si scompigliarono; tutta la testa giaceva in mezzo alla polvere, prima stupenda"

Per tre volte Achille infierisce sul cadavere del nemico troiano, facendolo ruotare attorno al tumulo dell'amico Patroclo, precedentemente
ucciso dallo stesso Ettore. Gli dei, impietositi dallo spettacolo, vorrebbero intervenire, ma Era, Poseidone ed Atena si oppongono.
Il dodicesimo giorno Apollo prende la p
arola e rimprovera gli altri dei per la mancanza di pietà: Zeus allora convoca Teti -la madre di Achille- e le comunica la sua decisione che Achille restituisca il corpo di Ettore al padre Priamo, re di Troia.Teti riferisce queste parole al figlio, che non può opporsi al volere degli dei. Priamo si reca nella tenda del greco per chiedere la restituzione del corpo di suo figlio. Il re di Troia si inginocchia ai piedi dell’eroe e implora pietà: Achille è commosso e, dopo aver offerto una cena in onore di Priamo, restituisce il corpo di Ettore al padre ed accorda una tregua di 12 giorni per permettere le esequie dell’eroe troiano. Il cadavere di Ettore viene curato e arso su una pila di tronchi; le ossa poi raccolte in un vaso d'oro e sepolte in un grande tumulo.

L'ira funesta del pelide Achille che infiniti addusse lutti agli achei aveva una sua ragione nel dolore per la morte dell'amico Patroclo per mano di Ettore. E alla fine anche l'iroso eroe greco viene ricondotto alla ragione.
Gli sciacalli odierni non hanno nessuna ragione, nessuna scusante per la profanazione della salma.
Gli sciacalli odierni non non hanno vergogna di nessuno, n
on temono l'ira degli dei, obbediscono solo al dio share, non sanno cos'è la pietas e trascineranno il cadavere di Sarah intorno ai nostri occhi e alle nostre orecchie fino a che tutti gli avvoltoi avranno la pancia piena.
Teti intercede presso Zeus in favore del figlio Achille

lunedì 25 ottobre 2010

domanda fatidica

Lo sto aspettando al varco, qui in corridoio, in agguato tra il vecchio cassettone i cui cassetti si aprono solo con le maniere forti e la porta della mia camera, sempre aperta perchèsennòmimancal'aria.
Non mi può sfuggire. Appena esce dal bagno gli faccio LA fatidica DOMANDA alla quale dovrà pur darmi una risposta, e se la replica si collocherà sotto il livello minimo della civile convivenza, alla stazione per il treno delle settetrenta -destinazione UNI- stamattina ci andrà a piedi.
Eccolo, con barba incolta new entry e l'antica abitudine di mettersi solo il pezzo sopra del pigiama.
E' il momento, vai con la domanda, prima che ti cammini sopra o che ti scansi.
"Se ieri sera avessi messo i vestiti del calcio in lavatrice e avessi schiacciato un bottone, solo un bottone, come ti avevo detto di fare, stamattina avrei avuto il tempo di stenderli e stasera sarebbero stati asciutti e pronti per l'allenamento""Sei sicura di aver messo tutti i congiuntivi al posto giusto?"

sabato 23 ottobre 2010

Perchè parli?

Li ho beccati in castagna, anzi in kiwi.
Papà sulla scala, a raccoglierli dal bersò, mamma avanti e indietro dal garage a sistemarli nelle cassette.
"Non mi avevate promesso che quando decidevate di raccoglierli avreste chiesto l'aiuto di Ginocchio?"
"Sì, ma lo sai com'è TUO papà, quando si mette in mente di fare un lavoro bisogna farlo subito"
"Per questo hanno inventato il telefono, tanti anni fa"
"figurati se lo sveglio alle 8 del sabato!"
Figurati! Figurati se svegliano il nipote prediletto!
Inutile. Tutto inutile. Che pazienza ci vuole.
I suoceri che ti mandano a cagare nelle ortiche, i genitori che ti ascoltano ma poi fanno quello che vogliono, i figli che manco fanno la finta di sentire ciò che vai a dire. (" Ma PERCHE' PARLI?" è una delle loro più gentili espressioni) Appunto. Perchè parlo? Meglio stare zitta e agire.
Prendo il posto di papi, sulla scala, con la mia giacca bianca e i pantaloni neri eleganti. Papi prende il posto di mami nell'andirivieni e mami si mette a scopare foglie e rametti caduti. I kiwi sono talmente grossi che ci vuole un niente a riempire il secchio posto sulla scala.
Come mi piace fare questi lavori.
Nella mia vita precedente devo essere stata a stretto contatto con la terra. Forse ero un lombrico, vissuto senza fare troppe lombricate e poi rinato nel corpo di un bue al tempo di "T'amo, pio bove". Ho tirato il mio aratro fino alla morte vincendo così un buono-premio per rinascere in veste di homo sapiens. Anzi donna, che è meglio.

Metto pressione a papà, così, tanto per divertirmi un pò. Gli urlo:
"Ehi, lei, si spicci a portarmi il secchio vuoto" e lui arriva, col fiatone del cardiopatico. Poi, visto che non si arrabbia, rincaro la dose: "Su, Angelo, non rende. Se faceva così a fare il cottimo alla Pirelli!"
Papà finalmente brontola "
Me lasa gnà pisà" (non mi lascia nemmeno fare pipì)"lè pusè ul temp che lè dre a pisà che quel chel laura" (è più il tempo che passa a pisciare che a lavorare) dice mamma"Poveretto, se prende tutto quel lasix, al mattino, è logico che gli faccia effetto" lo giustifico.
"Quante cassette hai riempito, pà?"
"Quindici"
Terminato il raccolto, me ne torno a casa con la mia cassetta.
Dopo un pò chiama mamma:
"Scusa, ma .... l'Unità di papà ti è rimasta in borsa?"
No, in borsa non l'ho messa, era nel sacchetto dell'edicola insieme ad altri acquisti. Aspetta che guardo. No, ci sono solo le collant di Daphne. Adesso che ci penso l'avevo in mano e l'ho appoggiata da qualche parte. Dove? Dove? Ah, sì, mi pare di averla appoggiata in garage.
"Allora l'ho usata per coprire il fondo delle cassette"
"OK, mamma, ne compriamo un' altra. Dì a papà di resistere fino a mezzogiorno."

martedì 19 ottobre 2010

fruit's philosophy

http://neuccidepiulalinguachelaspada.blogspot.com/2010/10/come-si-cambia.html

Dopo aver letto questo interessante post ho scritto un commento, ma poi mi sono accorta che era troppo lungo e così ne ho lasciato metà di là, e metà me lo sono portato di qua. Non me ne voglia unodicinque.
Nel post viene riportata una teoria, sentita nonsisadove-nonsisaquando-nonsisadachi:
" ... Non sarebbe vero che noi cambiamo; noi restiamo sempre uguali ma cambia, semmai, la percezione che abbiamo di noi stessi al mutare delle condizioni."

Mumble mumble ... Le teorie lasciano sempre il tempo che trovano, ma a parte questo credo di essere d'accordo.
Unodicinque pensa a una città, a me invece viene da pensare alla struttura del pianeta terra: nucleo, mantello, crosta terrestre.
Il nucleo è la mia essenza, che nasce prima di me, resistente come il nocciolo di una ciliegia. Attento a colui che mi prende a morsi, potrei spaccargli un dente, con la mia arma segreta.
Il mantello che ricopre il nucleo, come polpa succulenta, sono gli avvenimenti che hanno plasmato la mia vita. Sole, calore, acqua e cure parentali ne hanno influenzato il sapore.
La crosta terrestre, come buccia, (facciamo buccia di pesca, và, per il suo potere allergizzante) è la mia immagine, quella che mostro all'esterno, il mio rivestimento protettivo: la pellicola domopak che mi preserva da batteri contaminatori ma mi fa anche puzzare di plastica, per intenderci.

Tutto qui? No, ora alla similitudine va applicata la teoria: il mantello può sconvolgersi per una maledetta faglia di sant'andrea, la crosta spaccarsi, ma il nucleo resiste.
Almeno spero.

Ma forse sono andata fuori tema.
Ecco perchè ho sempre mal sopportato i filosofi: non riesco mai a seguire il filo dei loro ragionamenti.
(E se fossi un frutto, che frutto mi piacerebbe essere?)

domenica 17 ottobre 2010

elogio di una poesia

TE NE ANDRAI DOMANI

Una folata di vento,

un rumore di foglie secche scagliate

negli angoli del cortile

e da oltre la ferrovia il latrare

di un cane.

Niente altro;
non mi viene nemmeno un pensiero di commossa pietà

per questa mia vecchiaia incipiente,
per questo vuoto

che solo il freddo e il vento riempiono.


Te ne andrai domani.

Lo so da mesi ormai, conto le ore,
ma voglio far finta che tu non sia mai passata

attraverso la mia vita,

e già da adesso so quello che

proverò a dirmi da domani,
le bugie che mi racconterò perchè si faccia
sera, e poi di notte
perchè si faccia mattina.

Vincenzo Iacoponi, in Maximiliansau, in un giorno di novembreQuesta primavera il mio amico Vix mi spedì un suo dipinto (nella foto) e 18 poesie.
Mentre leggevo "Te ne andrai domani" vedevo
come in un fotogramma le immagini che descriveva, e mi piacque talmente tanto che glielo dissi e ridissi fino a che la mandò a un concorso nazionale di poesia.
L'altro giorno mi ha fatto sapere che "te ne andrai domani" è stata selezionata per la pubblicazione.
Rinnovo i complimenti al mio amico scrittore-poeta, elogio pubblicamente la sua poesia e mi congratulo con me stessa: mi sento come un cane da tartufo che ha annusato, scavato ed estratto dalla nuda terra un prezioso frutto.



sabato 9 ottobre 2010

alle nove della sera

Alle nove di sera le tavole sono state sparecchiate, i piatti lavati e le case riordinate si preparano per la notte. La strada è già deserta. Posteggio, entro dall'entrata sul retro. Piante di rosmarino e di salvia strappate alla terra sono depositate sotto il bersò, ricoperto di bei kiwi dalla forma ancheggiante; per sistemarne la struttura artigianale resa precaria dai vandalismi di un temporale un paio di settimane fa papà ha saldato qualcosa senza occhiali e si è infortunato all'occhio.
Mamma è talmente abituata ai suoi infortuni che nei casi non apparentemente gravi ormai si improvvisa dottoressa e fa da sè: benda alla Moshe Dayan e un collirio che ci avevano dato in ospedale l'anno scorso in occasione di un evento simile.
Ora l'occhio di papà è guarito, ma sono qui per mettere le gocce a quello di mamma, operata di cataratta.

Le piante di pomodoro .. pluff, sono sparite nel giro di un giorno. Li abbiamo goduti così poco, quest'anno. Un raccolto talmente deludente che papà non voleva nemmeno che ne parlassimo.
Scoppiettio di braci ancora calde nel camino.
Lampada segnapasso che illumina il mio passaggio furtivo.
La casa di fianco a quella dei miei genitori ha finalmente le luci accese: era così triste vederla spegnersi dopo la morte dei proprietari avvenuta lo scorso anno, come se fosse in procinto di morire anch'essa, d'inedia.
Apro la porta di casa con le chiavi di scorta. Dò una voce per non spaventarli ma il silenzio mi dice che papà e mamma probabilmente dormono già, al piano di sopra, del primo sonno pesante, con la tivù accesa su walker.
Poi magari si svegliano e riprendono a guardarla fino a mezzanotte.
Papà bofonchia qualcosa nel sonno, qualcosa che risulta incomprensibile per l'assenza della protesi e la confusione del machicavolomihasvegliato.
Mamma dice che può mettersi le gocce da sola, non c'è bisogno che
tribulo.
"Smettila, sul foglio dell'ospedale c'è scritto che almeno per la prima settimana devi farti medicare da qualcun altro"

"... Ma la sciura Antonia le metteva da sola, ma la sciura Talaltra anche.."
Deve aver fatto un sondaggio nel villaggio. Con l'età media che circola da queste parti, è uno scherzo sondaggiare gli operati alla cataratta.
Poco dopo me ne vado. Mentre faccio girare le chiavi nella serratura mi assale un senso di preoccupazione all'idea di lasciarli soli.
Perchè ci penso solo ora? Dopo quella notte che sono entrati i ladri, come faranno a dormire tranquillamente? Sarei più tranquilla se abitassero in condominio. Ma papà come farebbe senza i suoi passatempi? E quali vicini sopporterebbero un vicino così rumoroso?
Mamma mia, questo villaggio: ha ragione papà a dire che è diventato un mortuorio. Case vuote o abitate da vedove. I miei genitori insieme a un'altra coppia sono l'ultimo residuo del battaglione di giovani sposini che comprarono queste case negli anni 50,
nel dopoguerra, costruite secondo un piano di edilizia pubblica per famiglie a basso reddito, promosso da Amintore Fanfani.
E' questo l'attuale problema esistenziale di mio padre: "Siamo rimasti in tre" (primo sottinteso: uomini) (secondo sottinteso: nel mio villaggio) dice a tutti, anche a quelli che manco lo conoscono, tipo l'inserviente che incontra nell'ascensore dell'ospedale. Poco tempo fa il più anziano dei tre -quello in prima linea, quello a cui mio padre cederebbe volentieri il passaggio, per intenderci- è stato ricoverato in ospedale e il secondo soldato ne è rimasto sconvolto per una settimana.
"Dobbiamo fare pari o dispari" propone quotidianamente all'idraulico (il terzo uomo) che passa per la via ogni mattina e ogni mezzogiorno e ogni pomeriggio e ogni sera per andare e tornare dal lavoro.
"Ma papà, Tommaso è molto più giovane di te, non puoi fare pari o dispari con lui"
"Ahia"
Questa è l'espressione preferita di mio padre: ahia. Quando non ha scampo, quando sa che hai ragione, quando la verità lo pizzica : ahia.

giovedì 7 ottobre 2010

Nothing Else Matters

Quando eravamo piccole capitava che io o le mie sorelle frignavassimo per niente, o per stanchezza, o senza sapere il perchè. Ad esempio quando mi addormentavo sul divano dopo cena e alla fine del film o del varietà mi svegliavano per mandarmi a letto, immancabilmente mi mettevo a piangere.
Quando facevamo così mamma ci sopportava per un po', e poi ci dava due sberle: non aveva la pazienza che ha adesso coi nipotini.
"Così piangi per qualcosa", diceva.
Mi è successa la stessa cosa, da grande.
Prima che cominciassero i guai dei miei figli ho passato un periodo del cavolo, diciamo da luglio dell'anno scorso a ... bè non c'è nemmeno stata una fine. Ma erano tutte paturnie del menga.
Adesso mi sono arrivate due sberle in faccia, così imparo a frignare per niente.
E come se non bastasse mi sento così in colpa. So che è una cosa irrazionale, ma mi sento in colpa davvero. Forse perchè quella di Daphne è una malattia genetica, forse perchè quando un figlio sta male qualsiasi mamma sarebbe disposta a scontare qualsiasi pena, a prescindere.
Cerco di distrarmi scrivendo stronzate sul blog pur sapendo che è solo un palliativo, una terapia occupazionale.
Ma non c'è niente altro,
Nothing Else Matters, Niente Altro Importa.

sabato 2 ottobre 2010

dove cazzo spari?

Ore 8 e 20 di un sabato mattina di ordinaria follia. Esco di casa per mettere fuori il secchiello dell'umido e il sacchetto del secco.
BANG. BANG. BANG.
TIN, TIN,TIN,TIN, TIN.
Mi viene l'istinto scenografico di buttarmi a terra, per poi strisciare con la pancia fin sotto la carriola, con le mani sulla testa, ma non si vede un'anima, sulla strada, e nessuno applaudirebbe alla mia performance. La spagnoletta ha le finestre ancora chiuse e la probabile moglie di quel probabile fesso che sta sparando è ancora nel mondo dei sogni. E poi, che direbbe il mio ginocchio, al momento dell'impatto col cemento? Perciò sostituisco la performance con un "CAZZO!" di sorpresa, a volume alterato, apro il cancellino, deposito secchiello e sacchetto vicino agli altri, torno sui miei passi, rientro in cortile, mi affaccio verso il bosco e finisco di dire quello che avevo appena abbozzato, urlando al probabile fesso: " DOVE CAZZO SPARI?"

venerdì 1 ottobre 2010

non è per me


La famigliola è seduta a tavola, a cenare. Driin.